Sembra che la grappa, autorevole prodotto di una pregiata economia italiana, sia destinata a non avere pace. Basta scorrere le pagine della sua storia per capire il percorso fiscale che ha sempre dovuto sostenere: rigidi controlli, tasse e imposizioni hanno caratterizzato da sempre la produzione e il commercio di questo distillato. Anche i provvedimenti degli ultimi anni come la diffusione dell’etilometro e le relative campagne mediatiche hanno contribuito a complicare ulteriormente la valorizzazione e la vendita di questo prodotto quando è ben noto che le “stragi del sabato sera” hanno certamente altri colpevoli. Ad aggiungere la ciliegina sulla immangiabile torta che rappresenta oggi la buia situazione economica italiana, è arrivata giorni fa dal Governo la notizia dell’aumento delle Accise (le tasse sull’alcol) destinata a essere Legge in poco tempo e il cui compito sarà ovviamente quello di incrementare gli effetti negativi sulla produzione e sulla vendita all’interno di un settore già provato dalla crisi generale che si è abbattuta fortemente sui prodotti non di prima necessità. Il provvedimento andrebbe a favore del Sistema Scuola e in parte dovrebbe coprire anche il mancato gettito dell’IMU. Si tratta di un aumento programmato in tre fasi: 10 ottobre 2013, gennaio 2014 e gennaio 2015. Una catena di rialzi che complessivamente determineranno un aumento di quasi il 30%, senza contare l’aumento dell’IVA discusso in questi giorni in Parlamento. Per capire di cosa stiamo parlando ecco un esempio concreto: se gli aumenti delle Accise diventeranno legge e si sommeranno a quello dell’Iva, una bottiglia di grappa a 40° da 0,7 litri che oggi si trova sul banco di vendita a 10,00 euro, già con la prima variazione - che interverrà dal 10 Ottobre - subirà un aumento di 0,60 euro (+6%), portando l’imposizione fiscale totale (Accisa + Iva) a 4,49 euro pari al 42,3%. E sarebbe solo l’inizio. Tutto il comparto con in testa Istituto Nazionale Grappa e Assodistil si sta muovendo per contrastare questa decisione governativa spiegando che le entrate previste sono solo utopia: un aumento delle accise per “assicurare un maggior gettito” provoca esclusivamente un’ulteriore contrazione dei consumi che vanifica le aspettative di maggiori entrate per le casse dello Stato. Inoltre, un simile aumento imposto dallo Stato rende di fatto impossibile per i produttori la revisione dei listini al fine di recuperare almeno l’aumento dei costi di produzione, a partire da quello dell’energia, determinando così una ulteriore compressione dei margini, insostenibile per molte imprese e che finirà quindi per produrre effetti negativi sull’occupazione già in discesa libera. Il nuovo aumento è figlio di un Decreto del Fare che pare andare nella direzione opposta al suo sbandierato e irridente nome: riesce a penalizzare uno dei prodotti di spicco del made in Italy e incide sul settore delle piccole e medie aziende spesso chiamate ad esempio dal Governo come la spina dorsale che risolleverà il Paese da questa infinita crisi. Dove andremo a finire?
Alessandro Revel Chion
Presidente Istituto Grappa Piemonte